FontanaMIX/trio
Valentino Corvino, violino
Eva Zahn, violoncello
Franco Venturini, pianoforte
PROGRAMMA
Sofia Gubaidulina
Der Seiltänzer (Dancer on a Tightrope) (1993)
per violino e pianoforte (17')
Wolfgang Rihm
Fremde Szene III (1983-84)
per violino, violoncello e pianoforte (12')
José Manuel López López
"In Memoriam Joaquín Homs" (2005)
per pianoforte (4')
Salvatore Sciarrino
Melencolia I (1980-82)
per violoncello e pianoforte (6')
Maurice Ravel
Trio in la min (1914) (26')
Il suono francese ci accompagnerà
anche il 29 ottobre nel terzo concerto della stagione TRIESTE PRIMA: l’ensemble
Fontanamix di Bologna eseguirà
infatti il Trio in la minore di Maurice
Ravel. In quest’opera della maturità
(1915) il maestro francese ricerca un
nuovo rapporto con le forme della
tradizione: prima, infatti, “v’era... (...) ...
in Ravel, sottaciuta o palese, un’idea
extramusicale, letteraria talvolta, il più
sovente pittorica, o semplicemente visiva”5, idee probabilmente evocate
dalla predilezione di autori quali
Borodin, Mussorgskij, e Rimskij-
Korsakov. Un altro gesto e la clessidra
è nuovamente capovolta. Negli altri
brani in programma il 29 ottobre
infatti la sabbia del tempo fluisce
rifluendo altrettanto inesorabilmente.
Se l’ambiente musicale russo della
seconda metà dell’Ottocento caro a
Ravel era ricco di spunti extramusicali,
spesso fiabeschi, non è forse un caso
se, un secolo dopo, la compositrice
russa Sofia Gubajdulina concepirà un proprio mondo poetico anch’esso
ricco di istanze espressive legate ad
altri ambiti. Spetta a lei capovolgere
la clessidra, e scrivere Dancer on a
Tightrope: brano che evade la realtà,
all’inseguimento di una leggerezza
altra, di un mondo diverso. La stessa
premessa vale per José Manuel López López: nei quattro minuti di In memoriam Joaquìn Homs (2005)
cerca la stessa, eterea propositività.
Sebbene il milieu musicale da cui
nasce Fremde Szene III (1983-84) di
Wolfgang Rihm sia del tutto diverso
da quello di Sofia Gubajdulina, il
brano del compositore tedesco
condivide con Dancer on a Tightrope
la stessa urgenza espressiva. In
Melencolia I (1980) Salvatore Sciarrino
percorre “lontananze spirituali” simili a quelle di Rihm, giungendo
però a esiti opposti, costringendo le
proprie immagini sonore in una sorta
di “spoliazione” ai limiti del silenzio,
ben diversa dai parossismi sonori del compositore di Karlsruhe. Se nel lacerante neo-espressionismo di Rihm
la lontananza di un mondo perduto
trova un riferimento in Schumann, in Sciarrino il suo caratteristico
“mortificarsi” nasce dall’enigmatica
incisione di Albrecht Dürer ricordata
nel titolo stesso dell’opera.