Bologna 14/12/2012


CENTOCAGE

Sala Bossi, Conservatorio G.B.Martini, Bologna  14 dicembre 2012  - h 21.00


FontanaMIX/quartetto + Marco Dalpane


Musiche di John Cage


Valentino Corvino, violino
Anastasiya Petryshak, violino
Corrado Carnevali, viola
Sebastiano Severi, violoncello
Marco Dalpane, pianoforte




The Seasons - piano version (1947) 

Six Melodies - for violin and keyboard (1950)

Thirteen Harmonies - version for violin and keyboard (1986)

String Quartet in Four Parts (1949-1950)




Mi era stato insegnato a scuola che l’arte era una questione di comunicazione. Osservai che tutti i compositori scrivevano in modo diverso. Di conseguenza, ci trovavamo in una babele dove nessuno era in grado di comprendere nessun altro. Fu così che decisi di trovare una motivazione più convincente oppure di lascia perdere tutto. Lou Harrison e altri compositori si unirono a me in questa ricerca. Proprio nello stesso momento giunse dall’India una musicista [Gita Sarabhail], allarmata dall’influenza che la musica occidentale stava esercitando sulle tradizioni indiane. Prima che tornasse in India imparai da lei la motivazione per cui nel suo paese si esegue un pezzo di musica, cioè “per quietare la mente e disporla agli influssi divini”. 
(John Cage)

Con l’esclusione di Thirteen Harmonies le opere presentate provengono dagli ultimi anni ’40 e rappresentano un gruppo di composizioni omogenee nello stile e nei presupposti estetici. String Quartet e The Seasons sono centrate sullo stesso programma, la concezione indiana delle quattro stagioni. In entrambe le composizioni Cage utilizza la tecnica del gamut, cioè un catalogo di sonorità che costituiscono il materiale precomposto da utilizzare per la composizione dei brani. Mentre in The Seasons l’uso del gamut è molto libero, i materiali di String Quartet vengono trattati con molto rigore. Si tratta di un serbatoio di soli 33 elementi che di fatto costituiscono l’intero materiale a disposizione del compositore. Non è presente alcuna frammentazione, trasposizione o variante dei 33 elementi. L’effetto che ne risulta, rinforzato anche dal fatto che ogni accordo del gamut è realizzato affidando ogni nota allo stesso strumento e alla stessa corda, conduce a una assoluta staticità. Ogni consequenzialità armonica è preclusa e non c’è sviluppo contrappuntistico, realizzando così l’intento di liberare la musica dalle responsabilità strutturali dell’armonia. Queste due composizioni rappresentano il ritorno di Cage all’uso di strumenti temperati dopo molti anni in cui aveva impiegato esclusivamente strumenti a percussione a suono indeterminato o il pianoforte preparato (strumento che di fatto sfugge alle leggi del temperamento).
La sua più grande preoccupazione era all’epoca sfuggire alla tirannia dell’armonia intesa come elemento strutturale, affidando alle strutture ritmiche, e quindi al tempo, il compito di regolare la forma delle composizioni. 
Pur riconoscendo a questo metodo compositivo illimitate possibilità, Cage impiegò la tecnica del gamut in una sola altra opera, Six Melodies, scritta immediatamente di seguito allo String Quartet.
Le Thirteen Harmonies sono versioni per violino e strumento a tastiera realizzate da Roger Zahab a partire da Apartment House 1976. Questo lavoro fu realizzato da Cage in risposta a una commissione in occasione del bicentenario della Rivoluzione americana. Cage intese realizzare un’opera che conservasse il sapore della prima musica americana evitando però di riprendere ciò che proprio non ha mai accettato della musica tradizionale, cioè l’impiego dell’armonia.  Sottopose così i corali a 4 parti di William Billing  e di altri compositori americani del ‘700 a un processo di riscrittura che li trasformasse in nuova musica. Utilizzò varie procedure casuali prima di pervenire ad un risultato soddisfacente, mostrando che all’origine dei suoi metodi aleatori ci sono sempre domande e questioni che solo un musicista sensibile e attento può formulare.
“Il principio che sottostà ai risultati di queste operazioni casuali è costituito dalle domande. Gli elementi su cui si intende porre la propria attenzione critica, se lo si desidera, sono le domande che ci poniamo.” (J. Cage)